«La ricerca scientifica in Italia si trova in uno stato di miseria». È quanto sostiene il professor Silvio Garattini, presidente della Fondazione Mario Negri e farmacologo di fama internazionale, che ha di recente dato alle stampe “Il futuro della nostra salute” (Edizioni San Paolo, pp. 176, euro 17,00).
Proprio sul tema della ricerca, alla luce anche della pandemia causata dal virus di Wuhan, abbiamo rivolto all’illustre Farmacologo alcune domande per le testate del nostro network Alpi Media Group. Come già in passato ci ha risposto con la solerzia e la competenza che lo contraddistinguono.
Professore, nel suo libro “Il futuro della nostra salute” lei dedica un intero capitolo alla ricerca. Lei scrive l’Italia in fatto di ricerca è un parassita. Perché?
La mia affermazione deriva dal fatto che utilizziamo per il nostro Servizio Sanitario Nazionale farmaci che derivano fondamentalmente dalla ricerca estera. Il nostro contributo in termini di nuovi farmaci è praticamente inesistente in questi ultimi decenni. Si può dire la stessa cosa per quanto riguarda i vaccini anti-Covid 19 perché dipendiamo dalla “generosità” delle multinazionali per avere i vaccini necessari per la nostra popolazione. Dovremmo invece prendere l’iniziativa di realizzare in Italia un’adeguata produzione autonoma di vaccini da utilizzare in caso di necessità di una terza somministrazione.
La ricerca scientifica in Italia non è considerata un buon investimento. A chi attribuirne la responsabilità: ai privati o al pubblico?
La ricerca scientifica in Italia si trova in uno stato di miseria. Basta ricordare che fatto un aggiustamento per il numero di abitanti, abbiamo circa la metà della media dei ricercatori europei. Molti dei nostri ricercatori emigrano perché anche le risorse per la ricerca sono circa la metà della media europea ed inoltre non è programmata su base annuale. Purtroppo la ricerca è considerata una spesa anziché un investimento. Il settore privato investe molto poco, ma soprattutto non è stimolato dagli investimenti pubblici. Un Paese senza ricerca è destinato a non progredire sul piano economico e a divenire soltanto un buon mercato.
Nel suo libro racconta i benefici del servizio sanitario e i punti deboli rivelati dalla pandemia. Il Governo Draghi parla di riforma della prevenzione sanitaria; lei ne condivide l’idea?
È certamente necessaria una grande rivoluzione culturale per riportare la prevenzione al centro delle attività del Servizio Sanitario Nazionale. Oltre il 50% delle malattie croniche ed il 70% dei tumori sono evitabili. Se la prevenzione fosse adeguatamente sostenuta non avremmo problemi nella sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale. Purtroppo non possiamo sottacere la considerazione che la prevenzione è in conflitto di interessi con il mercato della medicina. Tutti i mercati hanno come obiettivo l’ingrandimento che naturalmente non avverrebbe se tutti gli italiani, accanto al diritto per la salute, sviluppassero il dovere di mantenere la salute. Oggi, mantenere la salute, attraverso i buoni stili di vita, è anche un atto di solidarietà perché contribuisce a evitare spese inutili da parte del Servizio Sanitario Nazionale, un bene comune che non possiamo perdere.
Il Governo intende riformare la sanità territoriale creando le “Case dalla Comunità”, lei che cosa ne pensa?
Occorre valorizzare la medicina del territorio attraverso iniziative come “le Case della Comunità” che mettano insieme più medici di medicina generale con una serie di servizi di segreteria, digitali, nonché la presenza di psicologi, di infermieri e di apparecchiature per le analisi di routine e di telemedicina. Un medico non può più operare da solo, data la complessità crescente della medicina. I medici di medicina generale dovrebbero essere dipendenti dal Servizio Sanitario Nazionale come i loro colleghi ospedalieri, essere attivi nel campo della prevenzione e rappresentare un filtro per l’accesso al Pronto Soccorso e agli ospedali. Naturalmente occorre dotare queste strutture delle necessarie attrezzature. È un compito molto importante che dovrebbe essere sostenuto dalla disponibilità dei fondi europei.